BACH & ITALY - vol. 4
In questa pagina potrete trovare informazioni e materiale multimediale sul terzo volume del progetto pluriennale "Bach & Italy" di Chiara Bertoglio e Da Vinci Classics.
Potrete vedere i trailer del vol. 4, ascoltare una traccia gratuitamente, leggere e scaricare il booklet in italiano, e scoprire curiosità ed anticipazioni sul progetto!
Presentazione
Il progetto pluriennale "Bach & Italy" di Chiara Bertoglio e Da Vinci Classics esplora la relazione bidirezionale fra Johann Sebastian Bach e la musica italiana: come, cioè, la musica italiana fu costantemente fonte di ispirazione ed oggetto di studio per Johann Sebastian Bach, e come Bach venne recepito, amato, compreso ed interpretato dai musicisti italiani nei secoli successivi.
​
Il progetto prevede una serie di CD, di cui il primo volume, "Bach & Italy, Vol. 1" è stato pubblicato nel 2018, mentre "Bach & Italy, Vol. 2" è uscito nel 2019 e "Bach & Italy, Vol. 3" nel 2020. "Bach & Italy 4" è la prima registrazione mondiale delle Suites per Orchestra (1-3) di Bach trascritte per pianoforte da Giuseppe Martucci.
​
Bach & Italy - vol. 4
Programma musicale
J. S. Bach/G. Martucci
Suites per orchestra n. 1-3
Trailer e presentazione
​
Esplora il contenuto del CD con Chiara Bertoglio:
Ascolta una traccia:
Leggi il booklet in italiano:
Per scaricarlo in formato .pdf clicca qui:
Il Vangelo notoriamente afferma che è impossibile servire due padroni contemporaneamente; e quello che accade quando si tenta questo compito è ironicamente mostrato in una commedia di Carlo Goldoni, Il servitore di due padroni. Ammetto di essermi sentita occasionalmente come il protagonista dell'Arlecchino di Goldoni, di fronte alle impegnative scelte interpretative poste dalla trascrizione pianistica di Giuseppe Martucci delle prime tre Suites per orchestra di Johann Sebastian Bach. A chi dovevo la mia lealtà, come interprete? A Bach o a Martucci, quando – secondo me – le loro volontà musicali si scontravano? E come potevo essere sicura che la mia percezione e le mie scelte fossero giuste?
Naturalmente, a questi problemi interpretativi non esiste una risposta univoca. Gli esecutori devono trovare la propria strada per rendere nel miglior modo possibile la partitura che stanno suonando. Ma, in questo caso, è stato molto più difficile del solito. Per prima cosa, le trascrizioni di Martucci sono eccezionalmente difficili da suonare sul piano meramente tecnico. Sono così complessi che il primo biografo di Martucci le ha etichettate come “quasi ineseguibili” e, infatti, per quanto ne so, questa è la prima registrazione mondiale di questi magnifici arrangiamenti. Giuseppe Martucci fu un pianista virtuoso, ma anche un apprezzato compositore e direttore d'orchestra. Era sempre stato in prima linea nel culto bachiano italiano: aveva diretto la prima esecuzione integrale di una cantata di Bach in suolo italiano, aveva proposto brani della Passione secondo Matteo, aveva suonato brani per tastiera sola e per tastiera/e e orchestra in numerose occasioni. Era stato anche il primo italiano a dirigere integralmente una Suite per orchestra di Bach, e la celebre Aria della Terza Suite, talvolta affiancata dalla Gavotta, era stata frequentemente inserita nei suoi programmi (anche in sedi importanti come il Teatro alla Scala di Milano). La prima italiana della suite in Re maggiore sotto la direzione di Martucci è stata una rivelazione: “È una delle opere più sorprendenti che conosca”, ha scritto un critico dopo il concerto.
Durante gli anni 1895-6, Martucci fu intensamente e pienamente occupato dalla composizione e dalla prima della sua Prima Sinfonia. Dopo questo prolungato impegno, la sua attività compositiva subì una breve interruzione, forse dovuta anche alla necessità di esercitarsi nelle impegnative opere pianistiche che gli era stato chiesto di eseguire nel 1897 (tra cui il Concerto Imperatore di Beethoven). Pertanto, l'intera produzione compositiva di Martucci per l'anno 1897 consistette solo di trascrizioni, comprese quelle delle Suites di Bach.
Martucci era stato piuttosto attivo come trascrittore per anni. Il suo biografo, Fano, caratterizza le sue trascrizioni come segue: “tendenza a mantenere tutte le note, anche coi raddoppi degli accordi originali, sebbene ciò porti a passi pianisticarnente ingrati: quindi ampio uso e anche talora eccesso di arpeggi: per contro una certa libertà nelle fioriture, dove si palesa il gusto personale dell'Autore: nel complesso, comunque, un gran senso di precisione”. Molti di questi tratti segnano una netta differenza tra l'atteggiamento di Martucci come trascrittore e quello, ad esempio, di Ferruccio Busoni.
Il concetto di musica bachiana rivelato nelle trascrizioni di Martucci è molto potente e maestoso. L'impressione ricevuta dagli ascoltatori di oggi è di una visione colossale, solenne e gigantesca dello stile di Bach, in particolare nei movimenti lenti. Lo si nota facilmente confrontando le trascrizioni per pianoforte di Martucci successive alle Suites per orchestra di Bach con quelle di Joachim Raff, che le precedono di un paio di decenni (1875). Martucci conosceva la produzione di Raff e, curiosamente, diresse una delle sinfonie di Raff nello stesso anno che avrebbe visto anche la creazione dei suoi arrangiamenti bachiani. Con ogni probabilità a Martucci erano note le trascrizioni di Raff e se ne servì come base e ispirazione per il proprio lavoro, come appare piuttosto chiaramente (anche se non indubbiamente) confrontando alcuni passaggi dei rispettivi arrangiamenti. Per contrasto, tuttavia, le differenze tra le due versioni sono ancora più significative e testimoniano un modello di interpretazione bachiana marcatamente divergente. Ad esempio, la prospettiva di Martucci si concentra in modo preminente sulla linea di basso, anche attraverso massicci raddoppi. Inoltre, il tessuto contrappuntistico è più ricco e denso in Martucci. In particolare nelle danze, inoltre, è notevole l'abilità del Martucci nel cercare di suggerire i timbri tipici degli strumenti originali. Martucci ispessisce notevolmente la partitura, e ottiene una certa differenziazione timbrica privilegiando accordi ampi.
L'effetto che ottiene è particolarmente solenne e imponente, e ricorda la pedalizzazione e la registrazione dell'organo. Analogamente a quanto accade nella versione di Busoni della Ciaccona di Bach, in cui il modello per la trascrizione sembra non essere l'originale per violino di Bach, ma piuttosto un brano immaginario per organo, anche qui il percorso dall'orchestra al pianoforte sembra toccare l'organo strada facendo. Questo aspetto era già stato notato da uno dei primi revisori delle trascrizioni di Martucci, Edgardo Del Valle de Paz, che scriveva: “Il Martucci ispirandosi alle grandi trascrizioni Lisztiane delle Sinfonie di Beethoven e delle opere per Organo di Bach, ha reso l’esecuzione di questi pezzi orchestrali possibili e adatte all’istrumento integrato per eccellenza, il pianoforte”.
Come ogni concertista sa, tuttavia, le scelte timbriche e di volume non possono mai essere prese separatamente da quelle riguardanti il tempo e il ritmo. Sia per ragioni pratiche (la necessità di “preparare” un suono potente e/o una posizione dilatata delle mani) sia per considerazioni uditive (un suono forte, in quanto ricco di armonici, decadrà più lentamente di uno sottile), l'adozione di spesse tessiture timbriche impattano sia sul tempo che sull'agogica. Pertanto, le indicazioni del tempo di Martucci rimangono uno degli aspetti più sorprendenti e idiosincratici delle sue trascrizioni, sebbene siano pienamente coerenti con la sua visione estetica complessiva.
Martucci, infatti, nelle sue trascrizioni delle Suites indicava accuratamente i tempi metronomici dei singoli movimenti. Se alcune di queste indicazioni, come quella per la Badinerie nella Suite in si minore, sono sostanzialmente in accordo con quelle adottate dalle moderne esecuzioni “storicamente informate”, altre contrastano in modo impressionante con la sensibilità odierna. Nel caso della Fuga in si minore, come esecutrice ho deciso che l'indicazione del metronomo di Martucci doveva contenere un errore di battitura, e che doveva essere interpretata come indicante un tempo doppio rispetto a quello scritto sullo spartito. Nonostante ciò, le Ouverture e le loro sezioni polifoniche sono i movimenti in cui la distanza tra il gusto di Martucci e quello odierno è più accentuata.
Martucci associava evidentemente l'idea di solennità e gravità alla musica di Bach. Un recensore che scriveva nel 1899, a proposito dell'esecuzione di Martucci del Concerto in re minore, affermava che Martucci suonava “con una serietà, anzi con una severità d’intenti e di mezzi che dalla stessa arditezza del genere e della esecuzione trasse il suo maggiore e sorprendente effetto. Né lo spirito di misticismo profondo che anima tutta la musica del Bach poteva meglio essere sentito e reso di quant’ l’abbia sentito e reso il Martucci”. Questi sostantivi e aggettivi sembrano suggerire la sensazione di una performance molto rigorosa e oggettiva (almeno per gli standard contemporanei), mentre l'ultimo, "misticismo", sembra non suggerire qui qualcosa come un'esperienza di rapimento, ma piuttosto un "religioso" approccio alla maniera della musica liturgica. Ancor più esplicitamente, un critico scrive a proposito di un concerto tenuto l'8 aprile 1907 a Napoli, il cui brano d'apertura era un Corale e Fuga di Bach: “Come fu solenne e quasi jeratico in quell’introduzione corale del Bach e come ne espresse la nitida austerità classica nella fuga imponente ed austera”.
Pertanto, si può dedurre che i tempi così accuratamente annotati da Martucci nelle sue trascrizioni rispecchiassero piuttosto fedelmente la sua attuale pratica esecutiva. Sono anche altamente indicativi di un approccio estetico radicalmente diverso alla musica barocca, che era considerata - allo stesso tempo, e quasi paradossalmente - sia un esempio di Classicismo sobrio e quasi geometrico, sia di un'espressione sublime e magniloquente.
È quindi particolarmente affascinante studiare queste partiture, in quanto rivelano qualcosa – in assenza di registrazioni audio – su come le Suites per orchestra di Bach furono eseguite e ascoltate per la prima volta in Italia. Si può sostenere che la concezione interpretativa di Martucci contribuì non solo a una più diffusa conoscenza della musica di Bach, ma anche alla creazione di un gusto a cui gli interpreti successivi dovettero conformarsi – oppure contro cui dovettero prendere posizione. Quasi a prescindere dall'effettiva diffusione delle trascrizioni martucciane, dunque, queste partiture rappresentano una testimonianza inestimabile – e dettagliatissima, anche scrupolosa – della concezione interpretativa martucciana.
Quando si eseguono oggi le trascrizioni di Martucci, seguendo – per quanto possibile e opportuno – il suo tempo, il carattere, le indicazioni dinamico/agogiche, per quanto strane possano apparire agli ascoltatori di oggi, l'effetto è sempre impressionante. Non solo, infatti, sono testimoni fondamentali di una pratica performativa del passato, ma mostrano anche un innegabile valore artistico. Per il pubblico di oggi (e per gli esecutori, certo), i famosi brani di Bach diventano qualcosa di radicalmente diverso da quelli che conosciamo, fornendo così anche alle nostre orecchie un'esperienza affascinante e rinfrescante. Essi testimoniano la pienezza e la ricchezza di idee che si possono trovare in Bach, la cui musica può ancora sorprenderci con un senso di novità, e l'interpretazione perspicace, fantasiosa e creativa che Martucci ha disegnato per loro. Pertanto, queste trascrizioni dovrebbero essere riscoperte e riconsiderate, sia per il loro valore documentario che per la bellezza oggettiva che raggiungono, anche se, a volte, l'esecutore può sentirsi conteso fra i due padroni che sta tentando di servire allo stesso tempo.
Curiosità
-
Da dove viene l'immagine di copertina?
Come sempre nella serie "Bach & Italy", l'immagine raffigura una cupola. In questo caso, per la prima volta non si tratta della cupola di una chiesa, anche in considerazione dell'impronta profana delle danze delle Suites bachiane. La foto ritrae infatti la bella cupola ogivale del Museo della Musica di Bologna, dove sono custodite le testimonianze bachiane di Padre Martini, il primo appassionato di Bach in Italia. Grazie a Padre Martini, Bologna divenne una delle capitali della musica di Bach in Italia, e Martucci, negli anni in cui diresse il Conservatorio e altre istituzioni bolognesi, indubbiamente contribuì a rafforzare e consolidare questa vocazione. -
Bach & Italy 4... e i prossimi?
In questo caso il riserbo è d'obbligo, perché qualcosa di molto succoso bolle in pentola... Per i più curiosi, posso anticipare che ci sarà una grande sorpresa a fine 2023, ma con un occhio a un importante anniversario del 2024... -
Dove e come si può approfondire la conoscenza delle trascrizioni di Martucci?
Mi sono occupata di queste trascrizioni anche dal punto di vista musicologico, oltre che da quello strettamente pianistico. Chi volesse saperne di più può consultare un articolo pubblicato su Musica/Realtà ("Nearly Unplayable: Giuseppe Martucci’s interpretations of Bach’s Orchestral Suites", Musica/Realtà (marzo 2019): 123-158). -
Nell'album c'è una bella trascrizione dell'Aria in re maggiore, nota come "Aria sulla quarta corda". In Italia la associamo a un programma televisivo particolare...
Sì, in effetti è la "sigla di Quark"! Se può interessare conoscere la storia della ricezione di questo pezzo meraviglioso nel nostro Paese, c'è uno studio comparso nel volume collettaneo a cura di Cristina Santarelli, Helicon Resonans (LIM 2020) dedicato proprio a queste tematiche.
​
Guarda un'intervista a Chiara Bertoglio su questo CD:
Due trasmissioni di Radio RSI2 (Radio Svizzera Italiana) dedicate al progetto "Bach&Italy"